
Corso Scrivenda: l’umile opinione di un (vero) copy
No, non ho mai frequentato il corso “Scrivenda” di “Frank Merenda”. No, non ho mai scaricato nessuna dispensa, né mi sono iscritto ad alcun funnel (una sorta di email automatica per convincerti a comprare qualcosa). Sì, ho avuto allievi (e clienti) che hanno frequentato questo corso come altri dalla società Mercury Training Group SA a cui fa capo “Frank Merenda”. In un certo senso, dunque, conosco il corso e so bene quali contenuti vengono veicolati (e quali sono invece ignorati). E viste le conseguenze di questo insegnamento, in maniera molto umile credo sia mio diritto (e dovere) esprimere un’opinione in merito, dopodiché ognuno farà le sue scelte. Premetto: la mia è una visione di parte, e non può essere altrimenti. Scrivo come ideatore di uno dei primi corsi di copywriting apparsi in Italia, ma scrivo anche in qualità di copywriter professionista (a tempo pieno) da ormai 10 anni a questa parte. Confido in ogni caso nello spirito critico di ciascuno e nella capacità di trarre le dovute conclusioni.
Cominciamo dunque dai fatti che mi hanno spinto a parlare di Scrivenda. Dicevo di alcuni allievi e clienti con cui ho avuto a che fare in prima persona. La loro idea di copywriting, frutto di questo e di altri corsi del celebre personaggio, risulta per molti aspetti fuorviante, ovvero, semplicemente, distorta. L’assunto di base è questo, ed è già piuttosto significativo: si scrive così. Che tradotto vuol dire: l’unico approccio corretto è il mio. Un po’ come andare a una scuola di scrittura (la Holden di Torino, tanto per citarne una che ho avuto modo di frequentare anni fa) e sentirsi dire dall’insegnante di turno che per scrivere bisogna applicare lo stile di Don De Lillo, o quello di Elsa Morante, o quello di Tiziano Terzani e così via. Tutti gli altri sono sbagliati. E lo dice Frank stesso nella pagina di atterraggio del corso:
Davvero il copywriting dipende in maniera così imprescindibile dal posizionamento (riferito al concetto di nicchia e di target di pubblico)? In parte sì, ma in tanti altri scenari assolutamente no. Pensiamo ad esempio al copy necessario al popolamento di un sito web istituzionale, come quello di un portale turistico (per il quale tra l’altro sto lavorando). Possiamo davvero applicare i principi esposti da Frank nei suoi corsi e usare una comunicazione, concedetemelo, fortemente aggressiva? La risposta è ovvia, e le conseguenze pure. In ambito istituzionale serve un tipo di copywriting più soft, dove il posizionamento nella testa dell’utente è relativo. E così in tante altre situazioni…
SCRIVERE SENZA FARE DISTINZIONI: RISCHI E LIMITI
Una frase illuminante del “metodo Merenda” (o metodo Scrivenda se preferite, temo cambi poco) è contenuta, di nuovo, nella stessa landing page segnalata in precedenza:
Se parteciperai a questo corso, la mia promessa per te è che non vivrai mai più un solo giorno in cui “non sai cosa scrivere (e come scriverlo)” perché ti trasmetterò l’esatta formula testata che usiamo in Metodo Merenda per rendere performanti le nostre campagne marketing, contribuendo a rendere solido ed eterno (o quasi) il brand.
“L’esatta formula testata che usiamo in Metodo Merenda”. Et voilà: c’è una formula, e se la usi hai successo. Praticamente il contrario, dal mio umilissimo punto di vista, di quello che andrebbe insegnato durante un corso di copywriting (e non solo). E infatti, quando collaboro con clienti che hanno seguito la formazione Scrivenda (e simili) mi trovo spesso ad affrontare strategie fortemente limitate (e limitanti): bisogna scrivere così, qualunque altra proposta è destinata al fallimento. Attenzione, non voglio dire che il metodo predicato da Merenda sia sbagliato in quanto tale, anzi: in certe circostanze funziona, e funziona anche bene. Il grosso problema (e il grosso equivoco che si crea nelle mente di una persona poco esperta) è pensare che questo metodo funzioni sempre. Purtroppo la realtà è molto, molto diversa, e lo dimostra il fatto che tutti i clienti e copy che avevano seguito un corso Merenda con cui ho collaborato hanno chiuso il blog o il progetto di marketing dopo pochi mesi. Tutti.
Da cosa dipende questo? Me lo sono chiesto pure io, e ho deciso di condividere il pensiero con altri, sperando possa essere di aiuto. Dipende, secondo me, non solo dal fatto che il metodo suddetto venga applicato alla cieca. Questo è un handicap importante, ma non è sicuramente l’unico. Le ragioni a mio avviso sono anche altre:
- manca la consapevolezza di che cosa voglia dire scrivere per il digitale nelle sue infinite declinazioni, attività / lavoro / hobby che non si fonda SOLO sulla persuasione, ma anche su altri aspetti, dall’informare un utente all’essere banalmente ironici (vedi un progetto di copy come Spinoza, che cito anche nel mio corso)
- mancano distinzioni importantissime, ad esempio fra copywriter, blogger e content manager: se non si fanno distinzioni in questo senso, si ha una visione fortemente ridotta dell’universo “copy”
- il copywriter e il marketer secondo Merenda è un “self made man” capace di affrontare da solo progetti articolati, dalla scrittura dei contenuti alla creazione di funnel (il che porta molti a sottostimare il budget necessario per fare un buon lavoro, con gli esiti di cui sopra)
- MA SOPRATTUTTO, ho il sospetto fondato che Frank Merenda non dica una verità essenziale: per diventare copywriter bisogna farsi un MAZZO GIGANTE perché i risultati, in ambito di copy e blogging, NON ARRIVANO MAI SUBITO, nell’arco di pochi mesi. Ci vuole tanto sacrificio, tanto tempo e tanto sudore della fronte!
“NON C’E’ ISPIRAZIONE NEL COPY” (… AH NO????)
Al netto di quanto scritto finora, rimane un ultimo aspetto che mi sta particolarmente a cuore che mi sento in dovere di riportare. Nella sua visione, il corso Scrivenda trasmette anche un messaggio a mio avviso opinabile, riassunto ancora una volta nella pagina / sito di presentazione:
Per quanto il copy sia un processo “creativo”, nel senso che impegna a livello cerebrale, non puoi dare in pasto il futuro della tua azienda all’ispirazione. Non c’è ispirazione nel copy. C’è solo pianificazione, strategia e messa in pratica. Stop.
Non c’è ispirazione… caspita: è come dire che la creatività va bene, ma fino a un certo punto. Che l’inventiva e il colpo di genio non esistono. Che tutta la parte di artigianato, così importante per una scrittura fresca e originale, può anche farsi benedire. “Dove c’è Barilla c’è casa” riguarda forse il posizionamento, o l’ispirazione? Direi decisamente la seconda. È stato e rimane un magistrale esempio di creatività. Ma del resto la risposta, pardon, la soluzione, la sappiamo: se applichi il Metodo Merenda, il resto viene di conseguenza. Tutto sta nel capire che cosa sia questo resto.